Ti è mai capitato di osservare con un certo orgoglio quel mobile un po’ storto che hai montato tempo fa e pensare “L’ho fatto io”? O di ricordare con affetto una torta venuta male ma preparata con le tue mani? Se sì, sappi che non sei un caso isolato perché è la tendenza delle persone a dare maggiore valore a oggetti che hanno contribuito a creare.
È come se l’impegno personale, anche minimo, attivasse un meccanismo che “colora” il risultato con una luce diversa. Quel mobile montato con fatica, quel progetto costruito passo dopo passo, anche se imperfetti, diventano unici, non perché siano oggettivamente migliori, ma perché portano la nostra impronta.
Questa non è solo un’abitudine mentale, ma una vera e propria distorsione cognitiva detta effetto IKEA, capace di influenzare profondamente il modo in cui valutiamo ciò che ci circonda. E per chi crea prodotti, esperienze o servizi, potrebbe essere l’occasione giusta per ripensare al coinvolgimento del cliente sotto una nuova prospettiva.
Cos’è l’effetto IKEA
Il termine nasce da uno studio del 2011 condotto da ricercatori della Harvard Business School, che analizzarono il comportamento dei consumatori rispetto a oggetti montati da loro stessi. Il risultato fu chiaro: le persone attribuiscono un valore maggiore agli oggetti in cui hanno investito tempo ed energie. Il nome è ispirato alla nota azienda svedese, celebre per vendere mobili da assemblare, ma il fenomeno si estende ben oltre l’ambito dell’arredamento: coinvolge, infatti, qualsiasi situazione in cui l’individuo investe tempo, energia e competenze nella realizzazione di qualcosa.
Il cuore di questo effetto sta nel coinvolgimento personale perché, quando partecipiamo attivamente alla creazione di un prodotto, anche solo montandolo o scegliendo alcune sue caratteristiche, sviluppiamo un legame con esso. È una forma di identificazione personale, come se il prodotto finale rappresentasse, in parte, noi stessi. Questo meccanismo, però, funziona solo se il compito viene completato con successo: infatti, se l’attività è troppo complessa o frustrante, la percezione positiva svanisce. Al contrario, quando il livello di difficoltà è bilanciato, né troppo banale né troppo impegnativo, si attiva un circuito virtuoso tra impegno, riuscita e soddisfazione.
L’effetto IKEA si manifesta anche in situazioni che vanno oltre i mobili da montare: pensiamo alla preparazione di un piatto fatto in casa, alla personalizzazione di un prodotto digitale o alla creazione di contenuti sui social. In tutti questi casi, il fatto di avere un ruolo attivo ci fa apprezzare di più il risultato finale.
Inoltre, l’effetto IKEA non riguarda solo il valore percepito dell’oggetto, ma anche il modo in cui questo processo rafforza la connessione con il brand. Partecipare alla creazione di un prodotto ci fa sentire coinvolti, competenti e riconosciuti, sensazioni fondamentali per costruire fedeltà e appartenenza.
I vantaggi dell’effetto IKEA
Applicare l’Effetto IKEA nella progettazione di prodotti o servizi è un modo per creare esperienze più coinvolgenti, memorabili e, soprattutto, efficaci. Ecco alcuni dei benefici più rilevanti che questo approccio può offrire:
- Maggiore valore percepito: quando le persone partecipano in prima persona alla realizzazione di qualcosa, tendono ad attribuirgli un’importanza maggiore. Anche se l’oggetto finale non è perfetto, il semplice fatto di averci lavorato genera un senso di orgoglio e apprezzamento che lo rende più significativo.
- Coinvolgimento emotivo più profondo: l’utente sviluppa una connessione affettiva con ciò che ha contribuito a costruire. Questo legame emotivo rende più difficile separarsene e favorisce una percezione positiva del brand.
- Fidelizzazione e attaccamento al marchio: partecipare attivamente alla creazione di un prodotto genera un senso di responsabilità e soddisfazione personale. Di conseguenza, il cliente sarà più incline a tornare, parlare bene del marchio e consigliarlo ad altri.
- Differenziazione dal mercato: offrire al consumatore la possibilità di personalizzare o partecipare diventa un modo concreto per distinguersi. Le esperienze collaborative sono uniche, difficili da replicare e lasciano un’impressione più duratura rispetto a quelle completamente passive.
Come integrare l’effetto IKEA nella propria strategia
Integrare questo bias nella propria strategia richiede attenzione, ma può essere sorprendentemente efficace. Ecco come inserirlo dando all’utente un ruolo attivo, senza travolgerlo con compiti troppo complicati:
- Offrire opzioni di personalizzazione: permettere agli utenti di scegliere colori, materiali, layout o funzionalità di un prodotto, anche attraverso un semplice configuratore online, aumenta il coinvolgimento. Più il risultato appare “unico”, più sarà apprezzato.
- Gamificare l’esperienza d’uso: incorporare elementi di gioco e di sfida può stimolare l’interesse e il coinvolgimento. Far sentire il cliente parte di un “percorso”, ad esempio per ottenere una certificazione, costruire un profilo o sbloccare vantaggi, valorizza ogni passaggio dell’esperienza.
- Coinvolgere nella creazione di contenuti: nei settori digitali e creativi, far partecipare gli utenti alla creazione di contenuti (recensioni, post, video, tutorial) o alla progettazione di nuove funzionalità rafforza il senso di comunità e appartenenza. Questa forma di collaborazione, oltre a far percepire il prodotto finale come un risultato condiviso, è un modo per trasformare il cliente in ambasciatore del brand.
- Creare esperienze di “co-building” nei servizi: anche nei servizi è possibile integrare l’effetto IKEA, ad esempio nei percorsi consulenziali o formativi personalizzati, il coinvolgimento attivo dell’utente può aumentare il valore percepito del servizio stesso.
- Costruire percorsi di coinvolgimento progressivi: non tutto deve avvenire in una sola interazione. Per questo, possono essere progettate esperienze che evolvono nel tempo, dove il cliente partecipa in diverse fasi ed ogni tappa diventa un passo in più verso la costruzione di un prodotto o servizio “suo”.